Protocolli per le strutture veterinarie (I)
Nel primo di questa serie di due articoli, gli autori esaminano i protocolli per le strutture veterinarie, e i motivi per cui possono essere una componente chiave per gestire efficacemente una clinica.
Punti chiave
Le variazioni nella modalit di erogazione di un servizio sono un problema comune a molte strutture veterinarie.
I protocolli possono superare questa variabilit ed essere enormemente vantaggiosi per unattivit aziendale.
Non detto che una struttura veterinaria debba necessariamente adottare dei protocolli, ma questi possono facilitare di molto loperativit.
I protocolli sono un ottimo modo per trasformare la conoscenza informale di qualsiasi struttura in un prezioso vantaggio.
Introduzione
Fornire un servizio, come ad esempio la medicina veterinaria, è molto più complesso della semplice vendita di un prodotto. La tipica erogazione di un servizio veterinario, include l’interazione umana (tra il medico e il proprietario di pet), ma anche l’interazione uomo-animale (tra veterinario e animale da compagnia) che viene spesso monitorata strettamente dal proprietario. Il flusso di queste interazioni ha un impatto sull’esperienza del cliente, molto più delle specifiche effettive del servizio: non si tratta solo di ciò che facciamo e di come lo facciamo, ma anche di ciò che diciamo e come lo diciamo. Le variazioni nell’esperienza del cliente, sia tra veterinari diversi nella stessa struttura, sia (ancora peggio) con lo stesso veterinario in un periodo di tempo, sono un problema serio. Perché?
- Perché questa variabilità crea confusione nel proprietario (cioè: “In cosa consiste una normale visita in questa clinica? Era giusta l’ultima volta o lo è oggi? Cosa devo aspettarmi la prossima volta?”)
- Perché erode l’immagine del brand, facendo passare il messaggio che non è un ospedale ben strutturato, guidato da un team, ma piuttosto un gruppo di individui indipendenti riuniti sotto lo stesso tetto.
- Perché può creare preferenze o fidelizzazioni per uno specifico dipendente, invece della fidelizzazione all’ospedale (“ogni volta che ci vai, chiedi sempre della Dr.ssa Lucia: è di gran lunga la migliore e impiega più tempo nelle visite rispetto agli altri veterinari”).
Inoltre, i protocolli consentono agli individui e alle organizzazioni di seguire una “curva di apprendimento” più rapida. È come giocare a tennis o a golf, dove imparate determinate tecniche e vi allenate ripetutamente usando gli stessi movimenti, invece di provare un metodo diverso ogni volta che giocate. Come potete allenare in modo sistematico un team di giocatori se ognuno di essi usa una tecnica diversa?
È per questo che abbiamo bisogno di strumenti come ad esempio i protocolli per ottenere una coerenza ragionevole nelle esperienze che forniamo ai clienti e ai pazienti.
Cos’è un protocollo?
Un protocollo è una serie di regole, azioni e comportamenti che il team della struttura deve seguire costantemente in determinate situazioni. Il protocollo può essere medico (ad es. linee guida sulla vaccinazione nel cane), orientato al cliente (ad es. protocolli di visita del cucciolo), amministrativo (ad es. come gestire il credito del cliente) o relativo ai processi aziendali interni (ad es. come condurre riunioni settimanali del team). Inoltre, i protocolli sono spesso come una sorta di puzzle, poiché interagiscono tra loro, e si completano a vicenda (Figura 1).
Alcuni protocolli possono essere semplici e diretti (come una sequenza di passaggi o azioni), mentre altri richiedono strumenti più elaborati, magari coinvolgendo un albero decisionale o un algoritmo, dove l’esito di una fase determina quella successiva. Ma qualunque sia la loro natura e complessità, i protocolli devono essere messi per iscritto, quindi distribuiti e firmati da tutti i membri del team interessati (Riquadro 1); se non è messo per iscritto, non è un vero protocollo. Se di natura complessa, è fortemente raccomandato un riassunto visivo (ad es. un disegno o un’infografica) collocato in un luogo visibile e appropriato.
Riquadro 1. Perché tutti i protocolli devono essere messi per iscritto.
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Cosa non è un protocollo?
Se si chiede ai veterinari perché non hanno protocolli formali nelle loro strutture, rispondono solitamente con uno o più dei seguenti “motivi” classici:
- “I protocolli possono compromettere la nostra indipendenza professionale interferendo nella mia libertà clinica.”
- “Ogni paziente/cliente/situazione è differente ed è meglio personalizzare di conseguenza il servizio.”
- “I protocolli non sono efficienti perché burocratizzano il nostro lavoro, impongono passaggi non necessari, e determinano visite più lunghe, cosa che riduce la nostra produttività e ci costa denaro.”
- “I protocolli hanno senso solo per i veterinari e gli infermieri giovani e inesperti. Se eserciti da 10 anni sai cosa funziona o meno per te, e non hai bisogno di un modulo cartaceo come promemoria.”
- “I protocolli possono generare forti conflitti tra i soci nella struttura, i quali possono avere approcci diversi, ma comunque legittimi, di fronte alla stessa situazione e cercare di imporre un unico approccio comune può avviare un’inutile lotta per stabilire chi ha ragione.”
Forti di queste ragioni, alcuni veterinari affermeranno sicuramente che la loro struttura accoglie una cultura collettiva, e che tutti capiscono “come facciamo le cose qui”. Ma se si potesse parlare separatamente con ogni membro del team e gli si chiedesse una descrizione dettagliata delle cose che fanno e dicono, ad esempio visitando un cucciolo, diventerebbe chiaro che non esiste un protocollo comune. In sostanza, se non è messo dettagliatamente per iscritto non è un protocollo, e senza questo non c’è garanzia di un approccio comune a qualsiasi cosa all’interno della struttura (Figura 2).
Perché dovrei farlo?
Fondamentalmente, i protocolli sono utili per ottimizzare le procedure, e soprattutto quelle frequenti eseguite da un team. Perché quelle “frequenti”? Semplicemente perché progettare, implementare e mantenere un protocollo richiede risorse che comportano un costo: probabilmente, sarebbe troppo costoso concentrarsi sui processi destinati alle eventualità rare, a meno che non siano di natura critica. Sebbene i protocolli possano essere utili anche laddove non è in gioco la coesione del team, sono particolarmente utili per assistere le interazioni tra professionisti e garantire che, laddove membri del team diversi intraprendano lo stesso processo (ad es. numerosi veterinari che effettuano le prime visite del cucciolo, o molti infermieri responsabili del recupero postoperatorio), agiscano in realtà più o meno allo stesso modo.
Più nel dettaglio, esistono almeno tre ragioni principali per investire sui protocolli: migliorare i processi, garantire un’attuazione omogenea a prescindere dal responsabile in carica, e favorire la trasmissione del know-how.
Miglioramento dei processi
Il miglioramento dei processi è chiaramente un traguardo importante nell’impostazione dei protocolli. Quando un team progetta un protocollo, tutti i membri coinvolti devono concordare il miglior modo sostenibile per svolgere la procedura di interesse. Questo potrebbe non essere il miglior modo possibile una tantum, ma deve essere possibile fornirlo in occasioni multiple (il miglior modo sostenibile); si tratta quindi di uno standard molto elevato, ma anche il migliore che può essere attuato quotidianamente. Questo consente di identificare i colli di bottiglia e proporre miglioramenti attraverso nuove forme di organizzazione e/o formazione e/o investimento. Ad esempio, il programma di gestione del dolore utilizzato per una specifica procedura può essere migliorato grazie all’introduzione di un protocollo aziendale coerente.
Esistono almeno tre ragioni principali per investire sui protocolli: migliorare i processi, garantire un’attuazione omogenea a prescindere dal responsabile in carica, e favorire la trasmissione del know-how.
Garanzia di coerenza
L’attuazione standardizzata è un altro traguardo importante. I protocolli sono un mezzo per fornire coerenza tra i professionisti che svolgono lo stesso compito nella stessa struttura; ad esempio, raccomandando esami ematologici o proponendo le stesse alternative terapeutiche per ogni paziente con la stessa condizione. Questa coerenza migliorerà, sia l’efficienza del team sia l’esperienza del cliente.
Trasmissione del know-how
La trasmissione delle conoscenze è fondamentale per almeno due scenari: integrazione degli ultimi arrivati nel team della struttura, e creazione di un nuovo ambulatorio satellite. In altre parole, trasmettere conoscenze è un prerequisito per la crescita. L’introduzione dei nuovi membri in un team ben organizzato è sempre un compito impegnativo e rischioso, per il nuovo veterinario/infermiere/tecnico e/o per il team esistente. I protocolli forniscono strumenti concreti per abbreviare il periodo di integrazione e garantire una convergenza più rapida tra i colleghi e il membro del team in arrivo, oltre a ridurre i livelli di stress del vostro team, soprattutto nell’attuale periodo pandemico/post-pandemico (Figura 3). Questo processo può anche essere un’opportunità per migliorare i protocolli, grazie al feedback del nuovo membro del team. Fondare un nuovo ambulatorio satellite sarà ben diverso dall’iniziare una nuova struttura da zero, e la differenza sta proprio nella capacità di partire dal know-how esistente, cosa che ci riporta ai protocolli.
Per concludere, i protocolli sono un ottimo modo per trasformare le conoscenze informali di qualsiasi struttura, che potrebbero altrimenti richiedere tempo e fatica per essere scoperte e integrate, in un fattore concreto, e sono quindi un vantaggio prezioso. Nota: la principale risorsa di una struttura veterinaria risiede nel know-how del team. Qualsiasi professionista sarà immediatamente d’accordo con questa affermazione, eppure troppe strutture investono risorse molto limitate nella formalizzazione di questo know-how al fine di renderlo trasmissibile; questo è ciò che fanno i protocolli. La progettazione, l’attuazione e il mantenimento di protocolli pertinenti è probabilmente uno dei modi principali per aumentare la capacità di una struttura di raggiungere una crescita sostenibile e redditizia, fondata sulla buona prassi scientifica e medica. Questo aumenta in modo significativo il valore di una struttura.
Definizione degli obiettivi e degli esiti del protocollo
Se si vogliono utilizzare i protocolli come strumenti preziosi per migliorare le problematiche mediche, organizzative, e di fornitura di servizi nelle cliniche, le prime domande sono: “Da dove si inizia? Quali sono i primi passaggi e quelli successivi? Come si definiscono i traguardi, gli obiettivi e gli esiti?”
È importante rispondere prima a queste domande, perché porsi i traguardi giusti può essere molto motivante e stimolante per l’intero team. Il primo passo è infatti separare un traguardo autentico da un sogno o da una visione, definendolo in modo chiaro e preciso; in caso contrario, potrebbe essere irrealizzabile. La definizione degli obiettivi può essere interessante, e anche impegnativa, ma l’uso del modello SMART (Riquadro 2) può semplificare di molto il compito, poiché questo strumento consente di creare traguardi concreti; in più, oltre a consentire di quantificare tutti i fattori importanti, permette anche di valutare se un determinato progetto è veramente realizzabile o meno.
Riquadro 2. Lo strumento SMART in 5 passi per pianificare e verificare i traguardi della struttura.
| S | Specifico. Significa che il traguardo deve essere definito in modo molto preciso. |
| M | Misurabile. Il traguardo deve contenere una quantità che può essere misurata; ad es. il numero di pazienti visti o i ricavi generati, cioè la misura del raggiungimento del traguardo. |
| A | Accettato. Significa che il traguardo deve essere accettato o invitante per tutti i membri del team, creando idealmente uno spirito di cooperazione, con tutti i soggetti che remano nella stessa direzione. |
| R | Realistico. Questa dimensione vi permette di verificare se un traguardo è davvero raggiungibile, e cioè: può essere raggiunto con le risorse a disposizione? |
| T | Temporalmente limitato. Un traguardo pianificato con precisione deve avere un termine massimo, cioè una data futura in cui deve essere raggiunto. |
Un esempio di SMART
Per aiutare a trasporre il modello SMART nella vita veterinaria quotidiana, ecco un esempio. Supponete di voler garantire che ogni cliente con un cucciolo riceva un’offerta completa di tutti i servizi per la salute esistenti nella clinica e disponibili per i cani giovani. Dalla vostra analisi mensile avete capito che l’offerta funziona già abbastanza bene, ma non viene sviluppata abbastanza; forse il processo non è strutturato e sufficientemente chiaro, o la comunicazione non è ottimale. Esiste chiaramente un potenziale di miglioramento e volete lavorare su questo problema partendo da un traguardo ben pianificato:
- S – Specifico in termini di formulazione. Per avere un approccio coerente ai clienti con cuccioli per quanto attiene i piani sanitari e i servizi correlati, il vostro traguardo potrebbe essere definito come segue: ogni cliente con un cucciolo deve ricevere servizi per la salute almeno una volta, tra 8 settimane e 18 mesi di età, attraverso un protocollo che ne definisca i contenuti e le modalità di comunicazione.
- M – Misurabile in termini di quantità. L’indicatore per questo traguardo è il numero di interazioni completate e documentate con i clienti che visitano la struttura con i propri cuccioli (questo dato potrebbe essere valutato esaminando il consenso del proprietario, o aggiungendo una casella di spunta nella scheda clinica dell’animale inclusa nel PMS, ad esempio).
- A – Accettazione. La questione dell’incoerenza nella comunicazione e nella documentazione riguardante i piani sanitari del cucciolo è stata discussa dal team, e c’è consenso a lavorare su questo importante argomento.
- R – Realistico. Il traguardo concordato è realizzabile con le risorse disponibili, ad es. personale (team) e supporto tecnico (software).
- T – Tempo (termine massimo). Per ipotesi, il progetto inizia il 1 marzo 2022 e il termine massimo per rivedere il traguardo, verificarne il successo e pianificare o applicare misure aggiuntive è fissato per il 30 giugno 2022.
Con l’aiuto del modello SMART, abbiamo creato un traguardo significativo, realizzabile e verificabile che suona molto meglio della semplice frase: “Ho notato che non facciamo un buon lavoro informando i nostri clienti con cuccioli sui nostri servizi di prevenzione e sui piani sanitari. La situazione deve cambiare e vorrei che tu fossi più diligente.” Questo non è un obiettivo SMART, ma un desiderio che probabilmente non si avvererà!
Ora tocca a voi pianificare traguardi SMART e di successo. L’unica cosa che resta da fare è stilare un elenco di azioni concrete che aiutino il team a raggiungere quanto concordato; quindi, in questo caso, creare un protocollo per comunicare i piani sanitari ai proprietari di cuccioli che vengono nella vostra struttura, e far sì che contenga dettagli come ad esempio il responsabile della comunicazione, come pure le modalità, i tempi e i luoghi per comunicare.
Esistono 3 tipi fondamentali di protocolli: protocolli o procedure di tipo clinico, protocolli di comunicazione con i clienti, e protocolli operativi/amministrativi.
Quali sono i rischi di non farlo?
È necessario chiarire un concetto: una struttura veterinaria può avere successo anche senza protocolli. Tuttavia, questo non è scontato, soprattutto se e quando il team si amplia, il numero di processi aumenta, la struttura offre una serie di servizi diversi (ad es. medicina generale, emergenze, e specialistica) e/o possiede molti ambulatori satelliti. In altre parole, l’importanza dei protocolli pertinenti è proporzionata alle dimensioni e alla complessità della struttura. Ciò significa che l’assenza di protocolli, già problematica per le strutture più piccole a sede singola, si trasforma in un enorme handicap per le strutture multicentriche più grandi. Senza protocolli, ci saranno molti modi per svolgere lo stesso compito tra i membri del personale. Nella maggior parte dei casi, le differenze principali saranno osservate tra i veterinari, mentre il personale di supporto (infermieri, addetti alla reception, tecnici) dovrà far fronte a questa realtà e ai problemi che essa crea. Ad esempio, non è raro che molti chirurghi che operano nella stessa clinica utilizzino protocolli diversi quando si tratta della questione critica degli anestetici generali.
Senza protocolli, le prestazioni del team si basano principalmente sulle capacità dei singoli membri. Pertanto, il primo rischio di non avere protocolli deriva dalla perdita di conoscenze, eventualmente legata a cambiamenti nel team della struttura, ad esempio, quando qualcuno va via. Il primo pensiero è che questo potrebbe essere critico quando la struttura perde un veterinario, soprattutto se questa persona ha competenze specifiche. Questo è ovviamente vero, ma sarebbe pericoloso trascurare la possibilità che possa esistere lo stesso rischio se il team perde un infermiere chiave o un membro del personale di supporto. In alcuni casi, una struttura senza protocolli formalizzati può anche incontrare un deficit relativo di conoscenze dopo un periodo di congedo più lungo del solito, o persino durante le tradizionali lunghe vacanze estive (quando è possibile che possano essere “dimenticate” le procedure informali).
Senza protocolli, una struttura multicentrica può aumentare il rischio di divergenza. Mese dopo mese, nei vari centri possono essere attuate modalità operativi diverse e, dopo due o tre anni di tale divergenza, saranno necessari sforzi enormi per far sì che i vari ambulatori satelliti, o i vari team, accettino di cambiare le proprie abitudini e convergere nuovamente. Nel frattempo, sarà difficile mantenere l’efficienza per i membri del personale che lavorano in molti dei centri.
La principale risorsa di una struttura veterinaria risiede nel know-how del proprio team.
Senza protocolli, il tempo impiegato per adattare un team alle nuove tecniche, a prescindere che si tratti di miglioramenti piccoli o continui o di innovazioni rivoluzionarie, sarà più lungo, meno efficace e, ancora una volta, aprirà la strada a una divergenza più profonda tra i membri del team o gli ambulatori satelliti. Ad esempio, gli autori conoscono situazioni in cui il tempo impiegato per adottare le nuove linee guida WSAVA sulla vaccinazione del cane e del gatto (pubblicate nel 2016) era variato da poche settimane a molti anni tra i diversi ambulatori satelliti di una struttura. Inoltre, sei anni dopo, alcune cliniche stanno ancora seguendo le vecchie raccomandazioni e, ancora peggio, in molti casi alcuni professionisti dello stesso team sono passati alle nuove linee guida mentre altri colleghi no.
In sintesi, i protocolli sono una delle principali chiavi per aprire la porta che conduce a una crescita sostenibile e redditizia. La tendenza storica dai professionisti individuali, che lavorano con personale di supporto limitato o nullo, alle partnership e ai piccoli team in un unico centro, e a salire fino alle partnership multicentriche con team più grandi o ai grandi ospedali che impiegano molte dozzine di professionisti, potrebbe essere il caos senza l’attuazione precoce dei protocolli. Non sono ammessi errori: il vantaggio di avere dei protocolli non si limita alle aziende internazionali, ma è già necessario per gli studi con tre veterinari e cinque membri del personale di supporto, e in futuro sarà utile anche al di sotto di questa soglia.
Due domande importanti
Prima di discutere come dovrebbe essere un protocollo concluso, occorre fare un piccolo passo indietro e pensare al processo di creazione. Una domanda cruciale è: “I protocolli devono essere creati dalla struttura (con il rischio di “reinventare la ruota”?) o possono essere adattati o replicati da libri, esperti o altre strutture?” La risposta può variare a seconda di cosa serve, poiché c’è una chiara differenza tra un protocollo medico e un protocollo aziendale od operativo (Riquadro 3). Per i protocolli medici è sensato attenersi a ciò che la medicina basata sulle evidenze ha stabilito come standard (ad es. linee guida ufficiali raccomandate dall’associazione veterinaria pertinente). Tuttavia, per i protocolli aziendali è tutta un’altra storia. Ogni struttura è diversa in termini di cultura, assetto, organizzazione e team. Il coinvolgimento del team nella creazione o nell’adattamento dei protocolli desiderati consente di ottenere un maggiore senso di appartenenza e dedizione, e si traduce probabilmente in protocolli progettati meglio che funzioneranno bene nella struttura.
Riquadro 3. Esempi di possibili protocolli per una struttura veterinaria (da [2]). I protocolli possono rientrare in più di una categoria.
| Protocolli medici |
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• Esami obiettivi
• Programmi vaccinali per cani • Programmi vaccinali per gatti • Visite del cucciolo • Visite del gattino • Parassiti intestinali: prevenzione, diagnostica e gestione • Filariosi cardiopolmonare: prevenzione, diagnostica e gestione • Ectoparassiti: prevenzione, diagnostica e gestione • Chirurgia per sterilizzazione e castrazione • Tecniche radiologiche • Anestesia e sicurezza degli anestetici • Campioni di feci e urina; prelievo e gestione |
| Protocolli di comunicazione con i clienti |
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• Comunicazione con i clienti nella sala da visita
• Conversazioni sulla nutrizione nella sala da visita • Chiamate telefoniche • Programmazione delle visite ambulatoriali • Programmazione delle procedure con ricovero • Programmazione ed esecuzione dell’eutanasia • Preparazione e presentazione del preventivo • Protocollo sulla compliance per i trattamenti cronici |
| Protocolli operativi e amministrativi |
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• Approvvigionamenti e forniture
• Abbigliamento consigliato • Prezzi e politiche di pagamento • Manutenzione degli edifici e operazioni pratiche • Gli animali del personale e la struttura • Forniture per ufficio • Cartelle cliniche • Procedure per le riunioni interne • Gestione del personale e ferie |
L’altra grande domanda è; come garantire che i diversi membri del team conoscano e seguano effettivamente i vari protocolli? Le iniziative indicate di seguito miglioreranno il coinvolgimento del vostro team nell’adesione ai protocolli della struttura:
- Coinvolgimento nel processo creativo.
- Istituzione di un momento fisso in cui poter discutere e riesaminare i documenti pertinenti; ad esempio, dedicare 15 minuti a ogni riunione settimanale di dipartimento per rivedere uno dei protocolli (Figura 4).
- Creazione di un programma di formazione che richieda a tutti i veterinari e gli infermieri di partecipare a una sessione di formazione settimanale da 30 minuti, in cui un membro esperto del personale spiegherà tutti i protocolli pertinenti.
- Includere le conoscenze e il rispetto dei protocolli nei singoli sistemi di valutazione nella struttura, eventualmente anche introducendo test od osservazioni casuali.
La seconda parte di questo articolo tornerà su queste domande.
Come mettere i protocolli in ordine di priorità
I protocolli sono strumenti preziosi per sostenere l’organizzazione in generale, e garantire standard elevati e alta qualità dei servizi medici e dell’assistenza clienti. Se vi siete già sottoposti a un programma o una certificazione di gestione della qualità, sapete quanto sia importante disporre di una documentazione concisa e completa di tutti i processi della clinica. La questione più importante da comprendere è che i protocolli e la documentazione non significano l’abolizione dell’individualità professionale e dello stile personale; si tratta di garantire i massimi standard di servizio possibili nella vostra clinica per ogni cliente, e consentire al vostro stile personale di essere guidato da regole e protocolli concordati.
Quando avete deciso di attuare i protocolli scritti e siete pronti per il passo successivo, la domanda è “Con quale protocollo si deve iniziare, e qual è l’opzione migliore per crearlo?” La risposta non è sempre facile, poiché dipende dal portafoglio clienti della vostra clinica e dalle prestazioni del vostro team. Ecco alcuni suggerimenti per aiutarvi a decidere e iniziare:
- Partite con un protocollo per un servizio o un’offerta che è già in atto e funziona bene per la vostra clinica (Figura 5). Scegliete qualcosa che richiede solo un aggiornamento e una messa a punto, e che non causi troppa confusione nel team durante il processo. Ad esempio, potrebbe trattarsi del controllo medico annuale associato alla vaccinazione, una procedura quotidiana che viene offerta nella maggior parte delle cliniche, ma dove spesso non esistono standard o protocolli. Questo potrebbe essere un buon esempio per mostrare al team quanto siano importanti i protocolli nel garantire che i clienti e i loro amici a quattro zampe ricevano sempre lo stesso servizio di alta qualità, a prescindere da chi è responsabile e di turno.
- Quando il protocollo iniziale è stato concordato e ha funzionato bene dopo un determinato periodo (ad es. 6 mesi), e dopo aver verificato l’esito (ad es. esaminando una selezione di file dei clienti per verificare che le fasi del protocollo siano state documentate), è il momento di andare al passaggio successivo. Ora voi e il vostro team dovreste scegliere un servizio consolidato a cui manca un approccio strutturato e conciso su come viene proposto al cliente; un buon esempio per molte cliniche potrebbe essere il protocollo per un controllo medico senior dedicato ai gatti con almeno 7 anni d’età.
- Un passo successivo sulla “scala” del protocollo dopo aver padroneggiato e rivisto i passi 1 e 2 potrebbe essere la creazione di un protocollo per un servizio più complesso, ad es. un piano sanitario per cuccioli o gattini. L’esperienza, il feedback (auspicabilmente) positivo, e il successo complessivo ottenuto dopo i passi iniziali dovrebbero quindi motivare voi e il team a sviluppare ulteriormente il processo.
La seconda parte di questo argomento esaminerà come motivare il team e attuare con successo i protocolli per le strutture veterinarie.
Philippe Baralon
DVM, MBA
Francia
Il dottor Baralon si è diplomato all’École Nationale Vétérinaire di Tolosa, in Francia, nel 1984 e ha proseguito gli studi in Economia (Master of Economics, Tolosa, 1985) e in Business Administration (MBA, HEC-Paris 1990). Nel 1990 ha fondato il suo gruppo di consulenza, Phylum, di cui è tuttora uno dei soci, che opera principalmente come consulente gestionale per studi veterinari in 30 Paesi del mondo. Le sue principali aree di specializzazione sono la strategia, il marketing e la finanza, e si occupa anche della formazione dei veterinari e del personale di supporto nel campo della gestione degli studi medici, attraverso lezioni e workshop, nonché di analisi comparative dell’economia della medicina veterinaria in diverse parti del mondo. Autore prolifico, ha scritto più di 50 articoli sulla gestione degli studi veterinari.
Antje Blättner
DVM
Germania
La dottoressa Blaettner è cresciuta in Sudafrica e in Germania e si è laureata nel 1988 dopo aver studiato Medicina Veterinaria a Berlino e a Monaco. Ha avviato e gestito un proprio ambulatorio per piccoli animali prima di intraprendere una formazione post-laurea e un corso di coaching presso l’Università di Linz, in Austria, per poi fondare “Vetkom”. L’azienda fornisce formazione a veterinari ed infermieri veterinari per la gestione degli ambulatori su temi quali la comunicazione con i clienti, il marketing e altri argomenti di management. La Dott.ssa Blaettner è anche redattrice di due riviste professionali, “Teamkonkret” (per infermieri veterinari) e “Veterinärspiegel” (per veterinari).
Pere Mercader
DVM, MBA
Spagna
Il Dr. Mercader si è affermato come consulente di gestione delle cliniche veterinarie nel 2001 e da allora si è specializzato in questo ruolo in Spagna, Portogallo e in alcuni Paesi dell’America Latina. Tra le sue principali realizzazioni figurano la stesura di studi di ricerca sulla redditività e sui prezzi per le cliniche veterinarie spagnole, l’organizzazione di conferenze sulla gestione degli ambulatori in più di 30 Paesi e la stesura del libro di testo “Soluzioni gestionali per strutture veterinarie”, pubblicato in spagnolo, inglese, italiano e cinese e venduto in tutto il mondo. Nel 2008 ha co-fondato VMS, una società di business intelligence che fornisce un servizio di benchmarking per oltre 800 studi veterinari spagnoli. Il dottor Mercader è stato anche cofondatore dell’Associazione spagnola per la gestione degli studi veterinari (AGESVET) e ha fatto parte del suo consiglio direttivo per otto anni.
Riferimenti
- Cialdini RP. Influence, the Psychology of Persuasion Harper Collins 2021 Ch 4.
- Boss N. How We Do Things Here: Developing and Teaching Office-Wide Protocols J. Am. Anim. Hosp. Assoc. 2008
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