Reazioni avverse al cibo cutanee nel gatto
I proprietari tendono spesso a dare la colpa all’alimento del gatto se sviluppa un problema cutaneo, ma è corretto? In questo articolo, gli autori discutono i metodi appropriati per la diagnosi e il trattamento delle reazioni avverse al cibo.
Punti chiave
Se ci si basa solo sulla presentazione clinica e la localizzazione della lesione, la reazione avversa al cibo cutanea nei gatti indistinguibile da altre ipersensibilit allergiche.
Il prurito non stagionale il segno clinico pi comune associato alla reazione avversa al cibo.
La reazione avversa al cibo pu essere diagnosticata con precisione solo attraverso una prova con dieta di eliminazione, utilizzando per almeno 8 settimane un alimento a base di nuove fonti proteiche, un alimento a base di proteine idrolizzate o una dieta casalinga bilanciata.
Informare il cliente migliora laderenza alla dieta di eliminazione, e pu essere la chiave per il successo della diagnosi e del trattamento.
Introduzione
Un malinteso comune tra i proprietari di animali accade quando i segni clinici di un’allergia alimentare si manifestano subito dopo un cambio di alimento. Sebbene le reazioni avverse al cibo possano manifestarsi poco dopo l'introduzione di un nuovo alimento, esse hanno raramente natura allergica, dato il tempo necessario per sviluppare una risposta immunologica; è quindi importante istruire i proprietari a distinguere l'intolleranza alimentare dall'allergia alimentare. Un'intolleranza alimentare è una qualsiasi risposta fisiologica anomala, non immunologicamente mediata, ad un componente, una tossina o un prodotto presente nel cibo, che si traduce in un effetto indesiderato [1]. L'esempio più comune è l'intolleranza al lattosio, dove l'incapacità di digerire il lattosio provoca diarrea iperosmotica seguita da flatulenza, discomfort addominale e diarrea. L'allergia alimentare, invece, si riferisce a una reazione immunologica verso un componente di un alimento; può essere sia una immediata reazione di ipersensibilità di tipo I, mediata dalle IgE, sia una reazione di ipersensibilità di tipo ritardato, mediata da linfociti e citochine [1]. Negli animali, la distinzione tra intolleranza e allergia alimentare può essere difficile, ed è stato quindi proposto il termine "reazione avversa al cibo" per includere tutte le eziologie che si traducono in una risposta clinicamente anomala attribuibile all'ingestione di una sostanza alimentare [2]. Nel gatto, le reazioni avverse al cibo si manifestano più spesso con dermatite e sintomi gastrointestinali, anche se più raramente possono provocare congiuntivite, rinite, segni neurologici, e anomalie comportamentali [1] [3]. Questo articolo verte principalmente sulle manifestazioni delle reazioni avverse al cibo cutanee (CAFR).
Sebbene le reazioni avverse al cibo possano manifestarsi poco dopo l'introduzione di una nuova alimentazione, esse hanno raramente natura allergica, dato il tempo necessario per sviluppare una risposta immunitaria; è quindi importante istruire i proprietari a distinguere l'intolleranza alimentare dalle allergie alimentari
Indagini iniziali per la CAFR
La CAFR è una diagnosi relativamente rara nei gatti, con una prevalenza riportata dello 0,2-6%, anche se questa aumenta fortemente tra i gatti portati dal Medico Veterinario per un problema primario di prurito (12-21%) o di dermatite allergica (5-13%) [4]; è quindi essenziale un approccio strutturato per arrivare alla diagnosi.Anamnesi e presentazione clinica
Per ottenere una diagnosi e concordare un successivo piano terapeutico, non si può sottovalutare l'importanza di un'anamnesi completa; ciò include un'anamnesi alimentare approfondita, che contribuisca a determinare le precedenti esposizioni ad allergeni e guidare i passi successivi. La Tabella 1 mostra alcune domande importanti da fare ai proprietari per quanto riguarda la dermatite del loro gatto; le informazioni ottenute da un'anamnesi approfondita possono restringere l'elenco delle diagnosi differenziali. Ad esempio, l'assenza di un programma regolare di controllo delle pulci può rendere la dermatite allergica da pulci una diagnosi differenziale primaria; inoltre, se più animali conviventi mostrano segni clinici, è più probabile che l’elemento scatenante sia un parassita o un patogeno contagioso.
| Anamnesi medica | Anamnesi alimentare | Stile di vita | Uso di medicinali |
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I segni clinici della CAFR possono manifestarsi a qualsiasi età, ma sono osservati più spesso nei gatti giovani e di mezza età, con un'età media all'esordio di 3,9 anni; inoltre, non sembra esserci una chiara predisposizione di razza o di sesso [5]. Il segno clinico più frequente è il prurito non stagionale [5], con una prevalenza variabile di segni gastrointestinali concomitanti in circa il 17-22% dei gatti affetti [2]. Quando presente, il segno gastrointestinale più comune associato alla reazione avversa al cibo è il vomito, seguito da flatulenza e diarrea [3].
Una precedente risposta alla terapia può essere variabile. Uno studio ha segnalato che 17 gatti con diagnosi di CAFR avevano avuto almeno una risposta parziale ai glucocorticoidi sistemici o topici [6], ma un altro studio retrospettivo condotto su 48 gatti ha indicato i glucocorticoidi sistemici inefficaci nel 61% dei casi [7]. In un terzo studio su 10 gatti con CAFR, i proprietari non hanno segnalato alcun beneficio derivante dall’uso di glucocorticoidi iniettabili a lunga durata d'azione [8].
Esame obiettivo
L'esame obiettivo può evidenziare una tra varie presentazioni di reazioni cutanee: prurito senza lesioni, alopecia autoindotta (Figura 1), dermatite miliare (Figura 2), e lesioni da dermatiti eosinofiliche, ovvero ulcere indolenti, placche eosinofiliche e granulomi eosinofilici (Figure 3 e 4) [2]. Le aree più spesso colpite sono il muso/la testa, le orecchie, il ventre, e le zampe [5], ma questi segni non sono patognomonici per la CAFR e molti altri processi patologici possono produrre segni identici (Tabella 2). Parte dell'esame obiettivo deve includere un'accurata spazzolatura con un pettine a denti fini per cercare qualsiasi evidenza di pulci, pidocchi e acari (Cheyletiella spp.); tuttavia, l'assenza di pulci (e relative feci) non esclude il parassita, poiché i gatti sono efficienti toelettatori e possono far sparire tutte le tracce lasciate da questi parassiti.
| Diagnosi differenziali | Test diagnostici consigliati |
|---|---|
| Dermatite allergica da pulci | Esame obiettivo, pettine a denti fini, risposta al controllo antiparassitario, flottazione fecale, evidenza di cestodis |
| Demodex gatoi | Raschiato cutaneo, flottazione fecale, risposta al trattamento |
| Cheyletiella spp. | Esame obiettivo, citologia cutanea, raschiato cutaneo, pettine a denti fini, flottazione fecale |
| Otodectes cynotis or Notoedres cati | Esame obiettivo, citologia cutanea, raschiato cutaneo, pettine a denti fini, flottazione fecale |
| Dermatofitosi | Anamnesi, tricogramma, lampada di Wood, coltura con DTM, PCR per i miceti |
| Malattie autoimmuni (pemfigo foliaceo) | Citologia cutanea, biopsia e istopatologia |
| Endocrinopatie (ipertiroidismo, diabete, ecc.) | Anamnesi, esami ematologici ed esame delle urine |
| Reazione farmacologica avversa cutanea | Anamnesi, biopsia e istopatologia |
| Patologie virali (herpesvirus, papillomavirus, calicivirus, poxvirus, FeLV) | Biopsia e istopatologia, PCR, immunoistochimica |
| Dermatite da ipersensibilità non indotta da pulci e non alimentare (NFNFIHD) | Anamnesi, esclusione delle altre diagnosi differenziali |
| Alopecia psicogena | Anamnesi, risposta al trattamento, esclusione di tutte le altre diagnosi differenziali |
Database dermatologico
Dato che la CAFR è una diagnosi relativamente rara, occorre escludere il maggior numero possibile di diagnosi differenziali. Alla presentazione iniziale si deve impostare un database dermatologico (raschiato cutaneo, citologia, tricogramma e flottazione fecale) per escludere le condizioni che possano avere presentazioni simili alla CAFR, e identificare le eventuali infezioni o infestazioni parassitarie secondarie. I gatti sono soggetti ad infezioni batteriche o da Malassezia secondarie che possono esacerbare il prurito causato da una condizione sottostante [6]. Se non eseguita in precedenza, si dovrebbe considerare una coltura fungina o una PCR per la dermatofitosi felina, che si presenta spesso con lesioni a carico della testa e del collo, accompagnate da prurito variabile [9]. Tradizionalmente ritenuta una malattia contagiosa, singoli animali possono essere più sensibili alle infezioni da dermatofiti, mentre altri possono essere portatori asintomatici [9]; quindi, il fatto che altri animali o persone non mostrino segni clinici non esclude i dermatofiti come possibile causa sottostante.Diagnostica specifica di CAFR
Una volta escluse altre patologie, sarebbe ideale avere un test diagnostico per la CAFR semplice da eseguire, relativamente economico, e che fornisca una diagnosi accurata. Tuttavia, non esiste alcun test capace di soddisfare questi criteri [10]. Ecco l’analisi di quelli proposti per la diagnosi di CAFR.
Istopatologia
Sebbene le biopsie cutanee siano utili per la diagnosi di molte patologie cutanee e possano contribuire a escludere alcune diagnosi differenziali, non ci sono riscontri patognomonici che consentano di diagnosticare definitivamente una CAFR. La biopsia in animali con CAFR mostra solitamente dermatite perivascolare caratterizzata da un infiltrato cellulare variabile composto da linfociti, eosinofili, mastociti, neutrofili e macrofagi. Tuttavia, queste alterazioni sono aspecifiche e possono essere osservate in corso di qualsiasi eziologia allergica; quindi, le biopsie di animali con CAFR, dermatite allergica da pulci, e dermatite da ipersensibilità non indotta da pulci e non alimentare (NFNFIHD, Non-Flea, Non-Food-Induced Hypersensitivity Dermatitis) mostreranno tutte alterazioni simili. La sola biopsia cutanea non può quindi differenziare fra queste eziologie; analogamente, le biopsie intestinali di animali con segni gastrointestinali concomitanti forniscono una diagnosi istologica ma non eziologica, e non permettono di distinguere gli animali con reazioni avverse al cibo da quelli con reazioni avverse di natura non alimentare [10].
Test delle IgE sieriche
Prick test e patch test
Analisi del pelo e della saliva
Gli studi hanno dimostrato che le analisi di pelo e saliva non hanno un buon tasso di riproducibilità, poiché analisi eseguite in duplicato su campioni dello stesso animale danno risultati differenti [13]. Inoltre, tali test non sono riusciti a differenziare cani con allergia dai non allergici, e neppure a distinguere campioni provenienti da oggetti inanimati (es. fibre di orsetti di peluche) da campioni di esseri viventi [13]. Un recente studio che ha valutato specificità, sensibilità, e valore predittivo positivo e negativo dei test salivari ha rilevato che, complessivamente, i risultati non li rendono adeguati per l'uso nella diagnosi di CAFR [2].
Prova con dieta di eliminazione
L'unico metodo che ha dimostrato di essere uno strumento diagnostico affidabile per la diagnosi di reazione avversa al cibo è la dieta di eliminazione [10]. La teoria è che togliere l'agente incriminato dall’alimentazione dell'animale possa migliorare i segni clinici, anche se uno degli aspetti più impegnativi è determinare quale antigene stia provocando i segni clinici nel singolo animale. Una review ha recentemente riportato, in merito ai test di provocazione con singoli costituenti, che gli ingredienti che hanno maggiore probabilità di scatenare una reazione avversa nel gatto sono la carne di manzo, pesce e pollo [2]; quindi, idealmente, la scelta di una dieta di eliminazione dovrebbe evitare tali ingredienti.
La conferma della reazione avversa al cibo è un processo in più fasi (Riquadro 1). In primo luogo, il gatto deve assumere la dieta di eliminazione per un determinato periodo di tempo e mostrare un miglioramento dei segni clinici. Una review ha recentemente concluso che fino al 90% dei gatti con diagnosi finale di CAFR sperimenta una remissione dei segni clinici entro 8 settimane; quindi, l'attuale raccomandazione è di prolungare come minimo dello stesso tempo la prova con dieta di eliminazione, per massimizzare la probabilità di arrivare alla corretta diagnosi [14]. Per confermare che l'alimento era responsabile della remissione dei segni clinici, è importante "mettere alla prova" l’animale aggiungendo alla dieta di eliminazione parte del precedente alimento. La maggior parte dei gatti con reazione avversa al cibo mostra un'esacerbazione dei segni clinici entro 2-3 giorni, ma è stato segnalato che in alcuni casi possono volerci fino a 14 giorni [6]. Alcuni animali possono migliorare ricevendo la dieta di eliminazione, ma non mostrano alcuna recidiva quando testati con l’alimento precedente; in questi casi, il miglioramento iniziale può essere dovuto ad altro, come ad esempio il controllo delle pulci o il trattamento per le infezioni secondarie, una migliore qualità degli acidi grassi e delle proteine nella dieta di eliminazione, o il cambio di stagione [2]. Se il gatto peggiora quando testato con l’alimento precedente, si fornisce di nuovo esclusivamente la dieta di eliminazione. Se i segni clinici migliorano di conseguenza, viene confermata la diagnosi di CAFR. Per identificare lo specifico allergene incriminato, si possono aggiungere diversi alimenti con cadenza settimanale o bisettimanale, mantenendo l'animale sotto osservazione per l'eventuale esacerbazione dei segni clinici.
Le tre scelte per il trial con dieta di eliminazione sono un alimento commerciale a base di proteine idrolizzate, un’alimentazione casalinga basata su una fonte nuova di proteine e carboidrati, un’alimentazione commerciale con fonti proteiche alternative.
Le diete casalinghe per la dieta di eliminazione consentono di evitare il rischio di avere ingredienti di confondimento (ad es. amido di mais, specifici sottoprodotti, ecc.) [1]. Anche se un piccolo studio retrospettivo ha segnalato che tali diete risulterebbero più sensibili per la diagnosi della CAFR felina [6], è necessaria un'anamnesi alimentare approfondita per garantire che sia la fonte di proteine sia quella di carboidrati siano veramente alternative (cioè, mai assunte prima). Le diete casalinghe sono più laboriose e richiedono la consulenza di un Medico Veterinario nutrizionista per garantire che siano bilanciate e non producano effetti avversi associati a carenze nutrizionali. Di conseguenza, per evitare tali potenziali complicanze, Medici Veterinari e proprietari possono scegliere di effettuare la prova con un alimento commerciale specifico.
Alcuni alimenti commerciali con fonti proteiche alternative sono una valida alternativa, soprattutto se i proprietari non intendono o non sono in grado di cucinare per il loro animale. Come per le diete casalinghe, è importante un'anamnesi alimentare completa per evitare di selezionare una fonte proteica alla quale il gatto sia stato precedentemente esposto. Tuttavia, va anche considerata l'origine dell’alimento; i proprietari cercano talvolta alimenti generici, che possono essere etichettati come "a contenuto limitato di ingredienti" o "a base di nuove fonti proteiche", ma molti di questi non sono stati analizzati per garantirne la purezza, e hanno mostrato di contenere ingredienti non indicati in etichetta [15]. Tali ingredienti, non identificati, possono annullare il beneficio derivante dal sostituire la fonte proteica principale, poiché gli animali potrebbero manifestare sensibilità [15]. Anche le diete a base di cibo crudo hanno mostrato di avere analoghi problemi di etichettatura [16]; quindi, gli alimenti generici non sono adatti ad una dieta di eliminazione. Attualmente, solo alcuni alimenti specifici possono essere considerati una scelta adatta ad una dieta di eliminazione.
I proprietari acquistano talvolta alimenti che vengono etichettati come "a contenuto limitato di ingredienti" o "a base di nuove fonti proteiche", ma spesso non sono state testati per verificarne la purezza, e hanno mostrato di contenere ingredienti non indicati in etichetta.
Un ulteriore complicanza è che molti studi indicano una cross-reattività tra le proteine, per cui può essere difficile trovare una fonte proteica veramente alternativa. È stato dimostrato che tra le specie aviarie ci sono allergeni comuni; quindi, l’anatra potrebbe non essere una fonte proteica veramente alternativa per un animale precedentemente esposto al pollo [17]. È stato inoltre ipotizzato che esistano sensibilità crociate tra le carni di ruminanti, e questo significa che, per un animale precedentemente esposto alla carne di manzo, alcuni ingredienti come ad esempio agnello, cervo e bisonte potrebbero non essere veramente fonti alternative [18].
Per questi motivi, molti Medici Veterinari utilizzano alimenti a base di proteine idrolizzate, dove la lavorazione produce segmenti peptidici abbastanza piccoli da prevenire la formazione di legami crociati tra i mastociti che provocherebbe altrimenti una risposta allergica. Nelle persone, gli allergeni alimentari hanno generalmente un peso molecolare di circa 10-70 kDa [1], negli animali devono essere ancora determinate le dimensioni peptidiche necessarie per minimizzare la possibilità di una risposta allergica. C'è il rischio che un animale possa reagire alla proteina d’origine se l'idrolizzato non ha dimensioni abbastanza piccole, ed è noto che le dimensioni del peptide possono variare tra un alimento e l'altro. Analogamente, uno studio crossover su dieci cani con allergia documentata al pollo ha confrontato due alimenti a base di proteine idrolizzate con proteine d’origine diverse e metodi di idrolisi differenti (piume di pollame ampiamente idrolizzate e fegatini di pollo idrolizzati). Ai proprietari è stato chiesto di classificare il grado del prurito, e 4 cani su 10 hanno mostrato un aumento del prurito con l’alimento a base di fegatini idrolizzati di pollo; al contrario, l’alimento a base di piume di pollame ampiamente idrolizzate non è stato associato a riacutizzazioni [19]. Finora, non sono stati condotti studi di questo tipo nel gatto, ed esiste il problema che a volte questi alimenti per loro non risultano appetibili. Esiste la possibilità inoltre che, negli animali alimentati con questi alimenti, le piccole dimensioni del peptide possano causare diarrea iperosmotica [20].
Alcuni studi recenti hanno messo in discussione la capacità degli alimenti a base di proteine idrolizzate di diagnosticare accuratamente la CAFR nel cane e nel gatto. Il rapporto sopracitato [6] ha rilevato che nel 50% dei gatti inclusi non era stato possibile arrivare ad una diagnosi con l’alimento a base di proteine idrolizzate, e che per ottenere una diagnosi accurata di CAFR era stata necessaria una dieta casalinga; tuttavia, queste sono le conclusioni di piccolo studio retrospettivo. Uno studio in cani con CAFR che ha valutato la reattività dei linfociti ai residui proteici e peptidici (>1 kDa) presenti in due alimenti commerciali a base di proteine idrolizzate, ha rilevato che i residui proteici stimolavano l'attività linfocitaria in circa il 30% dei casi [21]; tuttavia, trattandosi di uno studio in vitro, non è noto se questo riscontro sia clinicamente significativo. Considerati il numero limitato di fonti proteiche alternative disponibili, le possibili cross-reazioni tra fonti proteiche, e i problemi legati alla formulazione e preparazione delle diete casalinghe, gli alimenti commerciali a base di proteine idrolizzate restano una valida opzione da utilizzare per impostare una dieta di eliminazione.
Comunicare con il proprietario per massimizzare la compliance
Una delle sfide delle diete di eliminazione è che le devono acquistare e fornire i proprietari. Un recente sondaggio condotto tra proprietari di cani ha segnalato che quasi il 60% non ha seguito rigorosamente la dieta di eliminazione, e le ragioni comprendevano le barriere percepite, come ad esempio lo stile di vita, il costo o la capacità di somministrare medicinali [22]. I proprietari erano più propensi ad attenersi alle istruzioni se avevano conoscenze in materia di alimentazione e CAFR, e queste osservazioni sottolineano l'importanza della comunicazione e della loro formazione quando si raccomanda una dieta di eliminazione.
Già il fatto di trovare una dieta di eliminazione che il gatto accetti di mangiare può essere una sfida. È importante rimanere in contatto con i proprietari durante la prova, ed è altrettanto essenziale che questi controllino attentamente le sue abitudini alimentari, poiché gatti anoressici possono sviluppare altri problemi come, ad esempio, la lipidosi epatica [2]. Potrebbe servire più di un tentativo per trovare un alimento idoneo per il trial. Per le famiglie con più gatti conviventi, può essere problematico anche solo fornire la dieta di eliminazione all'unico gatto interessato. Gli alimenti commerciali sono etichettati e formulati per il mantenimento di gatti adulti, e possono quindi essere adatti per essere forniti a tutti i gatti della famiglia. Se i proprietari desiderano limitare i costi associati e nutrire solo il gatto interessato, possono dargli da mangiare in un ambiente separato; in alternativa, possono utilizzare un dispenser di cibo a microchip (che si apre per far mangiare un solo animale).
Controllo del prurito
Prognosi a lungo termine
Se un gatto con precedente diagnosi di CAFR presenta nuovi segni cutanei, è possibile che abbia sviluppato una dermatite allergica da pulci o una NFNFIHD concomitante. Infatti, nel gatto, è più comune la concomitanza di NFNFIHD e CAFR, rispetto a quella di CAFR e atopia del cane [24], e uno studio segnala che fino al 50% dei gatti con CAFR ha ricevuto una diagnosi di NFNFIHD [6]. La stessa valutazione diagnostica iniziale per la CAFR serve per escludere qualsiasi condizione capace di mimare una malattia allergica.
Conclusione
Sarah E. Hoff
DVM, MPH
Stati Uniti d'America
La Dr.ssa Hoff ha studiato Epidemiologia prima di frequentare la Facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università del Missouri. Dopo la laurea ha trascorso tre anni in una struttura per piccoli animali prima di conseguire la specializzazione in dermatologia. Attualmente è al terzo anno della residency in Dermatologia presso la Iowa State University.
Darren J. Berger
DVM, Dip. ACVD
Stati Uniti d'America
Il Dr. Berger ha conseguito la laurea all'Iowa State University nel 2007, quindi ha lavorato per alcuni anni in una struttura per piccoli animali prima di tornare nel mondo accademico. Attualmente è professore associato di Dermatologia presso la facoltà della Iowa State University, con interessi di ricerca che includono la farmacologia clinica e la gestione dei disturbi allergici da ipersensibilità.
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